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Il mio  impegno nella FILT cgil parte dal 2003. A partire dagli anni successivi abbiamo centrato la nostra azione   proprio nelle logistiche che si erano trasformate totalmente. Un cambio radicale anche dei lavoratori.  Conosciamo  bene quel mondo, sappiamo cosa significa fare scioperi notturni, conosciamo le tensioni le vittorie e le sconfitte di questo mestiere in un mondo dove  diritti e tutele che altrove sono più scontate vanno conquistate giorno dopo giorno. Per questo motivo quello  che è successo è ancor più insopportabile”. Il day after della tragedia di Novara è il momento del raccoglimento. Della riflessione. Stefano Malorgio è il leader della Filt, il sindacato dei lavoratori Cgil dei trasporti. Una delle varie anime del sindacato dei grandi capannoni della logistica.  “La morte di Adil deve accendere il faro su un settore che è il cuore del Paese, composto da tante attività complesse. Certo, ci sono i magazzinieri, ma anche tanto altro”. Facendosi forza, Malorgio cerca di dare un senso a queste ore drammatiche: “La politica per venti anni non ha parlato con il nostro mondo, nonostante i tanti segnali lanciati dai sindacati. Ora è il momento. Ora o mai più. Ma con un approccio strutturale, non nella solita logica emergenziale del nostro Paese”. Il ragionamento del sindacalista Cgil prende le mosse dal territorio, dal triangolo d’oro della logistica nella pianura Padana: “Lì un tempo c’erano solo campi, oggi il cuore della nuova fabbrica manovrata dalle grandi multinazionali. Non è possibile che i Comuni siano lasciati soli a interloquire con questi giganti. Quando, per dire, Amazon ha aperto a Rovigo, sono arrivate centinaia di lavoratori. Una dimensione d’impresa troppo grande e complessa per essere governata dagli enti locali”. Si tratta di un salto di qualità che, secondo Malorgio, chiama in causa il governo: “Tocca all’esecutivo scrivere un piano nazionale della logistica, che fissi condizioni di lavoro e regole positive, vincolanti per l’autorizzazione operativa degli stabilimenti. Non si può lasciare tutto alla concorrenza selvaggia”. Ma ad alzare l’asticella dovranno essere anche i sindacati perché, sostiene il leader della Filt, è necessario “salire un gradino politico e dobbiamo farlo tutti, nessuno escluso. Siamo un settore ad alta sindacalizzazione, siamo forti. Se si ferma un solo magazzino il Paese se ne accorge. Ma se non stiamo tutti dalla stessa parte, pur mantenendo le fisiologiche articolazioni, se non perseguiamo gli stessi obiettivi, quella forza si disperde e restiamo condannati a battaglie e contratti appalto per appalto”. La filiera degli appalti, appunto, la madre di tutti gli abusi: “Mi chiedo perché ancora non debba esistere una legge sugli appalti privati, mentre c’è nel pubblico. Sarebbe essenziale per favorire la internalizzazione del lavoro della logistica. E’ quello che stiamo facendo in Fedex e se si parte da lì possiamo farlo dappertutto. Ecco perché mi dispiace che si contesti il contrato nazionale firmato recentemente da noi e dalle aziende. E’ un patrimonio di tutti, introduce pari opportunità a ogni lavoratore. Lì dentro c’è anche la clausola sociale, grazie alla quale nei cambi di appalto è garantito l’assorbimento dell’intera forza lavoro”. Segnali all’esterno (la politica) e all’interno (gli altri sindacati) nel giorno della commozione per Adil. Un appello al dialogo.